Vincenzo Manfredi
Francisca Gutierrez Milesi
Mariano Maponi
Alessandra Di Sante
Paola Mamone
Laura Patrucco
Andrea Cioffi
Alessandro Franceschini
Stefano Di Patrizi
Luca Rallo
Stefano Diana
Alberto Mattiacci
Roberto Ferrari
Francesco Epifani
Sergio Guida
Massimo Gagliani
Nicoletta Boldrini
Massimo Locatelli
Alessandra Quaranta
Alberto Eugenio Tozzi
Sebastiano Bagnara
Alessandro Mazzarisi
Francesco Tozzi
Marco Pratellesi
Maria Teresa Giannelli
Rocco Rago
Antonella Marcoccia
Daniela Mamone
Angela Bianchi
Aurora Spagnol
Stefania Mancini
Felice Marcoccia
Claudia Di Manna
Davide Massimo Ghioldi
Antonella Ferro
Miriana Povolo
Alessandro Mazzarisi
Piero Carninci
Raffaele Sardella
Silvia Sciubba
Antonio Casella
Luca Sossella
Andrea Brambilla
Barbara Gasperini
Renato Bersigotti
Tommasangelo Petitti
Isabella Mancioli
Francesco Samori
Francesca Maria Montemagno
Alessandro Caleffi
Massimo Offidani
Federico Cabitza
Paola Marina Risi
Antonio Onofri
Liliana Trovalusci
Adele Fantoni
Arturo Calcaterra
Emanuele Fedriga
Andrea Beghe’
Pegah Moshir
Giacomo Bagni
Arianna Viscogliosi
Antonio Grasso
Loredana Oliva
Francesca Ungaro
Angela Congera
Simonetta Panfi
Daniela Cascasi
Alessandro Oderda
Nadia Locati
Vittorio Coda
Fabrizio Perrone
Giuliano Castigliego
Pino Agosta
Daniela Daneluz
Luigi Paglia
Claudio Giovine
Domenico Esposito
Alessandro Balducci
Fabio Mascioli
Manuela Vaser
Valentina Cefalu
Rita Caldarelli
Mario Bertini
Una delle principali sfide è quella della transizione da “sanità” a Salute; da un ambito circoscritto, che interessa una porzione limitata della vita individuale e sociale, a un concetto più ampio, che abbraccia le fasi fisiologiche oltre a quelle patologiche, e riguarda tutti gli aspetti dell’esistenza umana. La Salute non come assenza di malattia, ma processo evolutivo di ben-essere fisico, psichico e sociale. Una Salute che riconosce l’interdipendenza profonda tra gli esseri umani, e tra noi e la natura.
In un’epoca di rapida evoluzione della tecnologia, per il sistema Salute è necessario coniugare innovazione, sostenibilità e investimenti in ricerca, terapia e prevenzione, valorizzando le limitate risorse a disposizione e promuovendo il progresso scientifico, puntando alla “sartorializzazione della cura” e alla “socializzazione del benessere” (connected care). Benessere delle persone, ma anche del contesto: le stesse imprese hanno ormai chiaro che migliorare l’ecosistema in cui si muovono le mette in grado di operare meglio.
Una Salute nuova e globale non può esimersi dal trovare risposte al problema delle disuguaglianze e della disomogeneità di accesso ai servizi sanitari, garantendo che nessuna persona sia esclusa dal cambiamento e dall’innovazione scientifica e tecnologica a lungo termine. Nella Salute del XXI secolo i nuovi paradigmi di cura, che coinvolgono le tecnologie – in particolare l’Intelligenza Artificiale – devono perciò farsi garanti dei valori europei e dei diritti umani.
Il Sistema Sanitario Nazionale è la più importante infrastruttura sociale del Paese e rappresenta un elemento di sicurezza e innovazione senza pari. Tuttavia, l’invecchiamento della popolazione sottopone il sistema a uno stress tale da comprometterne la capacità di gestire cronicità ed emergenze sanitarie. I pilastri di un buon sistema sanitario sono tre: ospedali moderni, assistenza primaria coordinata (che coinvolge medici generale, pediatri di libera scelta, infermieri), e domicili privati: la risposta alla sfida passa quindi per il ridisegno del Sistema in chiave di avvicinamento dei servizi al domicilio e ai luoghi di frequenza abituale. Per modificare il paradigma della presa in carico dei pazienti, è indispensabile integrare il livello territoriale con il sistema ospedaliero, coinvolgendo medici di base, farmacisti, specialisti.
Oggi il tempo della politica non coincide con quello dell’accesso alle cure. È invece necessario abilitare pienamente (anche in termini di rimborsabilità) soluzioni innovative come la telemedicina o le app riconosciute come “dispositivi medici”, rimuovendo gli ostacoli alla loro diffusione come la mancanza di regolamentazione e di analisi delle implicazioni medico-legali, soprattutto nell’ambito pubblico.
La scienza va considerata a tutti gli effetti un bene pubblico, oltre che un diritto fondamentale di ogni essere umano, come la salute e come parte della salute. Per questo, bisogna ricostruire fiducia nel sapere, minato dalla diffusione di luoghi comuni antiscientifici e da un generale sospetto verso le fonti ufficiali. La conoscenza e l’educazione alla salute, così come quella alle competenze digitali e al pensiero critico, devono iniziare dall’istruzione primaria e proseguire per tutto l’arco della vita.
Il percorso formativo per i professionisti della salute – non solo medici, ma infermieri, ricercatori, manager – deve essere il frutto di un’attenta opera di orientamento che inizi già dalle scuole superiori. I corsi di laurea, all’insegna della multidisciplinarietà e nell’ottica della complessità, devono insegnare a combinare la potenza dei dati e delle informazioni con l’esperienza clinica diretta. Nella formazione dei terapeuti e dei regolatori vanno integrati le app diagnostiche e di monitoraggio, i sistemi basati su Intelligenza Artificiale, le piattaforme per il teleconsulto.
Le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale spaziano ormai dalle app alla diagnostica predittiva, dalla telepresenza e assistenza robotica all’interpretazione di immagini radiologiche, verso la medicina personalizzata. Il Machine Learning è sempre più essenziale nella ricerca medica: tuttavia, per contrastare i bias insiti negli algoritmi, è necessario che l’etica diventi parte integrante del progetto di sviluppo, implementando i principi già condivisi per garantire il rispetto della dignità umana. Anche in campo medico, l’IA va pensata a supporto delle decisioni delle persone, e non come un’altra forma di intelligenza sconosciuta e imprevedibile. Il conferimento dei dati individuali deve essere inteso come un dono in grado di generare valore per la collettività, poi restituito alle persone come maggior salute. La raccolta e l’analisi dei dati deve avvenire in forma anonimizzata e protetta, all’insegna della sicurezza, dell’informazione e della trasparenza; la loro elaborazione deve generare solide e credibili evidenze, costruite con rigorosa metodologia.
Salute, giustizia sociale e ambientale possono e devono andare di pari passo, integrando il principio del rischio e quello del rendimento con il principio dell’impatto; coerentemente con l’approccio culturale inclusivo e universalistico, tipico del modello europeo/occidentale basato su valori umanistici, e contrapposto all’eccesso di controllo e alle logiche di puro business.
L’affidamento della società a meccanismi di mercato ha portato gravi distorsioni nella considerazione del valore della vita umana nella sua interezza, sottovalutando le fasi della vita che non sono produttive nei modi adatti al mercato. Questa svalutazione significa una diminuzione concreta del benessere, un peggioramento della salute delle persone, che si ammalano anche di oblio, e della società in generale, che non ha più un rapporto armonico tra le generazioni. Un anziano triste è quello cui la società non dà più valore. L’emarginazione e l’incapacità di accogliere l’anziano, paradossali in una società che procura più anni di vita, vanno scardinate a favore del dialogo tra generazioni, del recupero della saggezza, della competenza, della memoria, della vita che c’è nel fine vita. I nuovi strumenti digitali possono supportare la realizzazione di un diverso modello di accudimento, affiancando la relazione umana che mantiene il ruolo fondamentale anche nella cura e nella guarigione: abbiamo bisogno della scienza e dell’IA, ma prima ancora abbiamo bisogno di umanità.
L’attuale emergenza pandemica ci mette di fronte alla necessità di ripensare integralmente il sistema, riconoscendo l’essenzialità della relazione come condizione originaria e costitutiva dell’uomo, contro l’illusione della monade sociale. I dati stessi sono relazione, espressione dell’inaudito livello di complessità generato nella nostra società dalla moltiplicazione dei nessi familiari, economici, istituzionali. In questo contesto, l’ascolto reciproco e la collaborazione diventano cruciali: all’interno dei gruppi di lavoro e cura, nei quali metodiche standard e capacità di sviluppare relazioni sia umane che operative hanno aiutato (durante la pandemia) ad affrontare condizioni estreme di difficoltà e stress, così come nell’ambito della ricerca scientifica e tecnologica, che nel contesto dell’esperienza pandemica ha trovato proprio nella collaborazione il più potente motore di innovazione.
La relazione deve diventare priorità anche a livello clinico, superando la logica a silos e rivedendo anche il rapporto impari tra pubblico e privato. Altrettanto prioritario è ripensare la relazione terapeutica, in cui è già in atto una silenziosa rivoluzione che vede il paziente al fianco del medico, come parte attiva del processo decisionale: le associazioni dei pazienti e dei cittadini, inclusive per loro natura, vanno coinvolte insieme a tutti gli altri stakeholder nel processo di consultazione che metta poi capo a una decisione competente e responsabile.